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I primi 90 giorni come infermiere all’estero: cosa aspettarsi e cosa tenere a mente

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I primi 90 giorni come infermiere all’estero: cosa aspettarsi e cosa tenere a mente

Cambiare paese non è mai facile. Ma trasferirsi all’estero e iniziare subito a lavorare nel settore sanitario è una sfida che richiede coraggio, resilienza e tanta voglia di imparare.

Alla Vitae Professionals ascoltiamo ogni giorno le storie di chi ha deciso di fare questo passo. In questo articolo condivido un po’ di esperienze sui primi 90 giorni all’estero — un periodo ricco di emozioni, scoperte e apprendimenti.

Prime settimane: shock culturale e sopravvivenza
Il primo impatto è sempre intenso.

Un infermiere in Francia ci ha raccontato che, il primo giorno, si è bloccato perché non sapeva come chiedere una garza sterile in francese.

Un altro, nei Paesi Bassi, ha condiviso la difficoltà di comunicare in olandese sul lavoro, perché i colleghi parlavano molto velocemente.

In questi giorni, la cosa più importante è non avere paura di chiedere aiuto. I colleghi apprezzano lo sforzo. Tutto questo è normale: non sei abituato a comunicare in una lingua diversa, in un contesto diverso e in un nuovo sistema sanitario, dove possono esserci diversi modi di lavorare. È fondamentale sapere che in questi sistemi sanitari il numero di professionisti internazionali è molto alto, quindi non sei solo!

Dal primo al secondo mese: la routine comincia a nascere
Dopo il turbinio iniziale, le cose iniziano a prendere forma.

Sai già dove si trovano i reparti principali e riesci a svolgere molte attività senza dover tradurre tutto mentalmente.

Un infermiere in Belgio ci ha raccontato che la sua più grande vittoria è stata riuscire a completare un intero turno in francese senza grandi esitazioni.

In questa fase è fondamentale creare routine anche fuori dal lavoro: supermercato, bar, palestra. Piccole vittorie aiutano a sentirsi “a casa”.

Dal secondo al terzo mese: vera integrazione
È il momento in cui finalmente senti di appartenere.

Il vocabolario professionale scorre più naturale e i colleghi iniziano a invitarti a prendere un caffè o a cena.

L’adattamento riguarda anche la sfera sociale. Uno dei nostri professionisti in Belgio ci ha raccontato che si è sentito davvero parte del team solo dopo circa tre mesi, quando è stato invitato al compleanno di un collega.

In questo periodo capisci che non stai solo lavorando — stai vivendo all’estero.

Consigli pratici per affrontare i primi 90 giorni

  • Non confrontare tutto con il sistema italiano: ogni Paese ha pro e contro.

  • Cerca comunità locali di professionisti sanitari stranieri.

  • Investi nell’apprendere espressioni locali: un semplice “merci” o “slán” può aprire molte porte.

  • Esplora la città: conoscere bar, mercati e parchi aiuta a sentirsi parte del luogo.

Dopo i 90 giorni
Superata la fase di adattamento, ciò che rimane è orgoglio e fiducia. Lavorare come professionista sanitario all’estero non riguarda solo lo stipendio o l’esperienza professionale. Significa acquisire autonomia, aprire nuovi orizzonti e sentire di poter vivere in qualsiasi parte del mondo.

Alla Vitae Professionals ti accompagnamo in tutte le fasi: dal CV al primo contratto, ma anche nel percorso di adattamento. Perché cambiare paese significa molto di più che cambiare lavoro.